Stefano Di Maria ha 33 anni e un lavoro da Ingegnere Civile Strutturista che è la sua “più grande passione”. Nel tempo libero, gira il Molise in cerca di storie da ascoltare e raccontare, attraverso narrazioni brevi e scatti essenziali. Il tutto, poi, viene conservato nel sito www.narratografo.it e diffuso sulla pagina Facebook Narratografo. In questi giorni, Stefano, è impegnato nella mostra fotografica che ha realizzato in concomitanza con la pubblicazione del suo libro “Narratografie N° 1”, andato in ristampa a poche ore dalla presentazione.
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Narratografie N° 1 |
Mi aspetta sull'uscio della porta con gli occhi pieni di cose da raccontare e il sorriso sincero di chi ha l'animo gentile. È il primo giorno di apertura della mostra: ad animare le pareti della stanza in Via Chiarizia (Campobasso), 25 fotografie, alcune prese dal libro “Narratografie N° 1” e altre inedite. Scatti, accompagnati da pochi versi, che raccontano di storie, lontane nei caratteri e vicine nel grande senso di umanità che trasmettono. Al centro di tanta bellezza io e Stefano Di Maria, seduti su due sedie da campeggio, pronti per l'intervista. Qualche visitatore ci gira intorno, qualche amico di Stefano ci osserva, qualche curioso si ferma per chiedere informazioni. Intanto, Stefano parla come un fiume in piena e consapevole di essere un fiume in piena. “Ti ho fatto una testa piena di chiacchiere”, mi dice a fine intervista mentre sorride e sfrega i palmi delle mani sulle ginocchia. Stefano, che faccio quasi fatica a non chiamare Narratografo.
"Il Narratografo nasce da tante cose messe insieme. Prima di tutto dalla tendenza di ascoltare le persone, soprattutto anziane. Loro, quando raccontano delle storie, sembra sempre che stiano descrivendo un evento fantastico e importantissimo, anche se si tratta di qualcosa che non ha una portata straordinaria. Così, nascono delle narrazioni che, se vengono associate a fotografie, diventano Narratografie. Propongo sempre dei racconti brevi ma dettagliati ed evocativi che, avendo come fonte gli anziani, nascondono molta morale e vita vissuta”.
Come mai hai scelto il nome Narratografo? “L’ho visto usare da una ragazza svedese e mi ci sono ritrovato. Il logo, invece, riproduce una pittura che ho trovato sul portale di una casa abbandonata. In questa casa non c’era nulla ma ho notato la pittura e ho iniziato ad immaginare un personaggio che, tramite immagini, voleva raccontare di una pianta. Ho pensato che era un Narratografo. Allora, più che il mio logo, ho pensato che sarebbe potuto diventare un simbolo da portarmi dietro. Mi piace entrare nelle case abbandonate perché c’è sempre qualcosa che rimane in sospeso, viene lasciato sempre spazio alla possibilità di ritornare".
La passione per la fotografia, invece, da cosa nasce?
"Viene da lontano, mio padre era un appassionato. Ho imparato a fare delle foto semplici, essenziali. Il mio obiettivo è quello di catturare quei dettagli che riescono a descrivere la storia di una persona. Per le Narratografie, il principio è quello di ascoltare e, poi, scattare. Ascolto racconti lunghissimi, appunto ciò che mi colpisce e, poi, scrivo la narrazione di getto. ”.
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il simbolo |
E così, racconto dopo racconto, è nato “Narratografie N° 1”. “Palladino Editore ha letto le mie storie su internet e mi ha proposto la cosa. Il libro si compone di sei storie, mai pubblicate in rete, che hanno come filo conduttore il mio percorso da Narratografo. Dal primo ritratto scattato con la macchina fotografica, comprata con i soldi che mi hanno regalato alla laurea, al punto dove mi trovo ora. Nella foto dell'ultimo racconto c'è un ragazzino vicino al lavatoio che, anche se non vuole, deve crescere: io sono legato al gioco sano, allo scherzo nelle cose semplici e, mi trovo in un momento della mia vita, in cui devo crescere”.
“Narratografie N° 1” è stato presentato, lo scorso 5 ottobre, con un evento dove le sedie sono state sostituite dalle scarpette da ginnastica e i microfoni dalla voce dei protagonisti dei racconti presenti nel libro. Stefano, infatti, ha organizzato una camminata nel centro storico di Campobasso dove, di tappa in tappa, sono state raccontate le narrazioni fino ad arrivare al luogo della mostra.
“Nell'evento dovevano emergere le storie. Doveva essere una festa di tutte le persone. Volevo vedere nella gente la contentezza di esserci. Non mi interessava dire ai presenti di quanto sono stato bravo a realizzare il libro, anche perché, in alcune passioni che coltivo, cerco la soddisfazione personale e non il compiacimento altrui. Nel palazzo dove abito, ci vive anche un bambino che definisco il mio migliore amico. A lui cerco sempre di insegnare che bisogna essere curiosi e buttarsi in tutto ciò che si vuole fare, anche per sola soddisfazione personale”.
Ludo.Col.
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