Unilever la fabbrica fantasma e il Molise che non vuole arrendersi
Di Maurizio Varriano
“Siamo alle solite”, avrebbe sospirato Calimero, il celebre pulcino nero e piccolo, immaginario quanto illusoria appare ormai la prospettiva di rilancio dell’ex stabilimento Unilever a Pozzilli. Il cielo sopra la Piana di Venafro sembra aver perso da tempo il suo azzurro: non lo restituisce neppure il vento delle promesse sindacali, né il fragore dei rullanti che, ogni tanto, annunciano una “imminente svolta” accompagnata da champagne e sorrisi di circostanza.
Nella tarda serata di ieri, 15 ottobre, è arrivata l’ennesima nota ufficiale: l’ennesimo rinvio, l’ennesima riunione posticipata. Quella che avrebbe dovuto tenersi l’8 ottobre, poi spostata al 16, con la presenza annunciata dell’assessore regionale Gianluca Cefaratti e del vicepresidente della Giunta Andrea Di Lucente – già presenti all’incontro del 18 settembre – non si è svolta. O meglio, si è svolta solo sulla carta, in un limbo burocratico che ormai somiglia più a una telenovela sudamericana che a un processo di rilancio industriale.
Ma il colpo di scena arriva dal TAR del Molise, che con una sentenza definitiva ha messo fine alle speranze legate ai presunti “incontri romani” e alla documentazione richiesta da Invitalia alla proprietà attuale dello stabilimento, la società P2P guidata dalla famiglia Civitillo. La richiesta di finanziamento – ben 109 milioni di euro – per convertire lo stabilimento nella lavorazione di plastica, presentata come volano per l’occupazione e la rinascita del territorio, oggi appare sempre più come un’operazione opaca, che rischia di arricchire pochi a spese di una regione fragile, già provata da decenni di abbandono istituzionale.
Il Molise, terra di silenzi e di dignità, viene ancora una volta usato come palcoscenico per giochi di potere in cui i veri protagonisti – gli operai, le famiglie, le comunità – sono ridotti a comparse pazienti, troppo pazienti. I sindacati, che per mesi hanno creduto nella “buona sorte” annunciata da tavoli istituzionali e promesse al vento, sembrano finalmente aver aperto gli occhi: le chiacchiere sono tornate al mittente, e il mittente – che sia la proprietà, la politica locale o persino il Ministero tramite Invitalia – continua a escogitare “meline” per prendere tempo, scaricando responsabilità su altri.
Eppure, il Molise non è terra da sprecare. È una favola antica, fatta di gente fiera, mai doma, garbata ma non ingenua, pronta a lavorare senza chiedere miracoli, ma solo rispetto. Unilever, multinazionale mai in crisi, ha raccolto molto da questa terra e se n’è andata con la freddezza del profitto. La P2P, dal canto suo, ha acquistato gli immobili quasi a costo zero, ma non ha garantito alcuna prospettiva concreta. E la politica regionale, pur avendo profuso sforzi, non è riuscita a evitare il trauma di un passaggio che oggi rischia di trasformarsi in un’altra pagina di rassegnazione.
Intanto, la regione affoga in altre emergenze: sanità al collasso, trasporti inesistenti, logiche di spartizione tra partiti, e progetti mastodontici come l’acquedotto che porterà l’acqua molisana in Puglia, mentre le fogne locali traboccano d’acqua sporca sotto i temporali autunnali. Si parla, si discute, si annuncia – ma non si agisce. Come cantava Lino Rufo: “Si parla, si parla, ma non si arriva mai a niente”.
La sentenza del TAR, però, potrebbe essere un punto di svolta. Non perché risolva il problema, ma perché costringe tutti a guardare in faccia la realtà. È tempo di difendere l’onore, la dignità e la laboriosità di un popolo che, nonostante tutto, continua a credere nella propria terra. Non servono altri incontri al MIMIT o richieste al Prefetto di Isernia – che già ha informato le parti della “infinita partita” in corso. Serve coraggio. Serve concretezza. Serve un patto reale per il lavoro, per chi ancora non ha fatto le valigie, per chi non vuole andarsene piangendo.
Martedì prossimo, in Consiglio Regionale, grazie a un’interrogazione urgente, il tema tornerà al centro del dibattito. Speriamo che, questa volta, non si alzi il solito brusio di circostanza, ma che dall’emiciclo si levi un suono unanime, forte e chiaro: il suono di una tromba che annunci non la fine, ma la rinascita del Molise. Perché questa terra merita di più di un’altra promessa vuota. Merita rispetto. Merita futuro.
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